La progressione dei cambiamenti climatici ha portato la “sostenibilità” al centro dei riflettori di tutto il mondo, ma come si traduce questa parola in atti concreti nell’ambito delle infrastrutture?
In un contesto ordinario, la qualità delle infrastrutture è fondamentale per la crescita di un Paese e per la qualità della vita dei suoi cittadini. Pensiamo all’Italia o più in generale dell’Europa. La rete di infrastrutture consente ovunque l’accesso ai servizi di base ma lo sviluppo delle reti di trasporto è da sempre associato alla crescita economica, ai livelli di benessere delle persone e alla qualità dell’ambiente. Basti pensare alla differenza di servizi e di infrastrutture esistenti tra diverse zone dell’Italia o tra aree industriali più o meno supportate da infrastrutture moderne, ragionando sulle ricadute in termini di sviluppo, occupazione, crescita e in generale opportunità a esse connesse.
Secondo il Global Infrastructure Forum, lo sviluppo infrastrutturale a livello globale rappresenta una condizione necessaria per poter pensare di ridurre i livelli di povertà e migliorare le condizioni di vita soprattutto di quelle popolazioni che vivono in condizioni estreme. Oggi, infatti, almeno 663 milioni di persone nel mondo non hanno accesso a risorse idriche sicure, mentre 1,2 miliardi di persone vive senza elettricità e più di un terzo della popolazione rurale non è servita da collegamenti con aree urbane.
Queste come altre condizioni straordinarie, pensiamo per esempio alla crisi idrica che attanaglia la Sicilia da diversi anni, agli enormi danni causati dal maltempo in Lombardia o al ruolo che i gasdotti hanno avuto in particolari periodi di tensioni internazionali, rendono evidente anche ai non addetti ai lavori l’importanza strategica di alcune infrastrutture, non solo per salvaguardare il tessuto socio-economico, ma anche per fronteggiare le sfide imposte dal cambiamento climatico. I moderni sistemi di infrastrutture dovranno quindi essere sempre più efficienti e resilienti, nella accezione corretta e non inflazionata del termine.
In questo momento in Italia sono state allocate ingenti risorse nello sviluppo della rete infrastrutturale grazie all’importante driver del PNRR. Come è stato possibile declinare in modo rigoroso il tema della sostenibilità nei Progetti delle grandi infrastrutture che ci stiamo impegnando a realizzare?
Tutto parte dal pilastro centrale di Next Generation EU (NGEU), il dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – RRF) che, tra i vari obiettivi, si propone di sostenere interventi che contribuiscano ad attuare l’Accordo di Parigi e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, in coerenza con il Green Deal europeo. Il NGEU segna un cambiamento epocale per l’UE. La quantità di risorse messe in campo per rilanciare la crescita, gli investimenti e le riforme ammonta a 750 miliardi di euro, dei quali oltre la metà, 390 miliardi, è costituita da sovvenzioni. Le risorse destinate al Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (RRF), la componente più rilevante del programma, sono reperite attraverso l’emissione di titoli obbligazionari dell’UE, facendo leva sull’innalzamento del tetto alle Risorse Proprie.
Il Regolamento RRF enuncia le sei grandi aree di intervento (pilastri) sui quali i PNRR si dovranno focalizzare:
- transizione verde;
- trasformazione digitale;
- crescita intelligente, sostenibile e inclusiva;
- coesione sociale e territoriale;
- salute e resilienza economica, sociale e istituzionale;
- politiche per le nuove generazioni, l’infanzia e i giovani.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano, coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile della Comunità Europea, si articola in 6 Missioni, che rappresentano le aree “tematiche” strutturali di intervento:
- digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura;
- rivoluzione verde e transizione ecologica;
- infrastrutture per una mobilità sostenibile;
- istruzione e Ricerca;
- inclusione e coesione;
- salute.
Tutti i progetti, infatti, hanno come comune denominatore l’obbligo di rientrare nei parametri definiti dall’acronimo DNSH (Do Not Significant Harm): in praticagli interventi previsti dai PNRR nazionali non devono arrecare nessun danno significativo all’ambiente. Il soddisfacimento di questo principio è stato ed è fondamentale per accedere ai finanziamenti del RRF.
Secondo quanto specificato nella “Tassonomia per la finanza sostenibile”, adottata per promuovere gli investimenti del settore privato in progetti verdi e sostenibili nonché contribuire a realizzare gli obiettivi del Green Deal, sono individuati sei criteri per determinare come ogni attività economica contribuisca in modo sostanziale alla tutela dell’ecosistema, senza arrecare danno a nessuno degli obiettivi ambientali:
Mitigazione dei cambiamenti climatici: un’attività economica non deve portare a significative emissioni di gas serra (GHG).
Adattamento ai cambiamenti climatici: un’attività economica non deve determinare un maggiore impatto negativo al clima attuale e futuro, sull’attività stessa o sulle persone, sulla natura o sui beni.
Uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine: un’attività economica non deve essere dannosa per il buono stato dei corpi idrici (superficiali, sotterranei o marini) e determinare il deterioramento qualitativo o la riduzione del potenziale ecologico.
Transizione verso l’economia circolare, con riferimento anche alla riduzione e al riciclo dei rifiuti: un’attività economica non deve portare a significative inefficienze nell’utilizzo di materiali recuperati o riciclati, ad incrementi nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali, all’incremento significativo di rifiuti, al loro incenerimento o smaltimento, causando danni ambientali significativi a lungo termine.
Prevenzione e riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo: un’attività economica non deve determinare un aumento delle emissioni di inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo.
Protezione e ripristino della biodiversità e della salute degli ecosistemi: un’attività economica non deve essere dannosa per le buone condizioni e resilienza degli ecosistemi o per lo stato di conservazione degli habitat e delle specie, comprese quelle di interesse per l’Unione.
Ciascuno dei progetti che ha avuto accesso al complesso quadro di finanziamenti europei descritto precedentemente, in particolare le grandi opere di ingegneria che ricadono nella Missione 3 “infrastrutture per una mobilità sostenibile”, è stato sottoposto a una complessa valutazione a livello europeo, necessaria a dimostrare il pieno soddisfacimento di questi criteri.
Per saperne di più vi invito a seguire le attività dell’Associazione Infrastrutture Sostenibili (AIS) di cui GEEG è fieramente annoverato tra i Soci collettivi insieme a tutte le più grandi realtà del mondo delle infrastrutture italiano.
Riferimenti bibliografici e Link utili:
Allegato tecnico della tassonomia